Talvolta, nelle mie
mostre, le persone che vengono a visitarle non si limitano alla sola
visione delle opere. Sollecitate da una curiosità inappagata, si
rivolgono a me per chiedere spiegazioni e chiarimenti su aspetti
parziali di uno o più dipinti, o sul senso generale del mio operare.
Premetto che in me non
c’è alcuna adesione programmatica ad una corrente artistica, l’unico
dato certo è che mi esprimo attraverso la figurazione. Questa non è
una scelta determinata della mia volontà che, soppesando tutte le
modalità espressive, decide di optare per la soluzione figurativa:
no, essa è l’unica possibilità di dare forma alla mia interiorità.
Essa sgorga spontaneamente. E’ il modo di rendere visibile ciò che
in me è fatto di materia psichica ( emozioni, sentimenti, angosce,
ecc. ecc. ).
Le suggestioni che
provo dinnanzi ad un oggetto, persona o cosa che sia, sono il motore
che mi spinge a rappresentarlo in un dipinto, scatenando in me una
miriade di riflessioni ed, attraverso le analogie, cerco di cogliere
le innumerevoli sfaccettature della realtà simbolica celate dietro
all’apparente.
Ciò che noi percepiamo
attraverso i nostri sensi, è null’altro che superficie. Dietro di
essa riverberano aspetti insondabili all’analisi razionale e solo
l’intuizione è in grado di farci giungere ad una provvisoria meta
nella ricerca di senso.
Pur tuttavia, il
visibile che lo sguardo coglie, è il punto da cui muove ogni mia
rappresentazione pittorica. Inizia così, un’esplorazione che, a
partire dalla superficie delle cose, attraverso graduali stesure di
materia pittorica e graduali svelamenti di orizzonti metafisici,
tenta di catturarne l’essenza.
E’ il tentativo di
leggere, attraverso la maschera del visibile ciò che vi è celato; e,
per dirlo con le famose parole del Leopardi: “ …mi è dolce naufragar
in questo mar.”